martedì 19 agosto 2014

Elucubrazioni sull'universo Femminile

La riflessione parte da un post letto su Facebook che in qualche modo mi ha turbato.

Cosa spinge una donna sulla trentina, bella ed intelligente, a desiderare un figlio in provetta da un donatore sconosciuto, che crescerà da sola?

Voglio affrontare la questione con un approccio laico.
Un figlio ha bisogno di entrambe le figure genitoriali, e il fatto che si possa crescere ANCHE senza di una delle due (io sono cresciuto orfano di mamma) non vuol dire che non sia traumatico o che sia eticamente giusto.

Fare un figlio non è solamente una questione di ovuli e spermatozoi, di cambiare pannolini o comprare giocattoli e vestitini o decidere le decorazioni della cameretta.

E' fare violenza su se stessi per sopportare il tanfo della merda e del vomito che devi pulire a tutte le ore, soprattutto quelle meno opportune.
E' sentirsi una merda perchè non trovi 20 minuti di fila da dedicare alla tua igiene personale.

E' aver voglia di lanciarlo dalla finestra dopo quattro ore di pianto ininterrotto a cui non c'è una spiegazione (o, se c'è, non c'è mai rimedio istantaneo).
E' sentire la disperazione di non saper rispondere a quella richiesta di aiuto.

Questo non vuol dire che fare i genitori non sia meraviglioso. Un dentino che spunta, un vestitino che non gli entra più, una faccia buffa fatta per caso regalano una felicità in grado di farti dimenticare qualsiasi sofferenza.

Ma un figlio ha bisogno di più.
Un figlio non si può "fabbricare" per appagare un ancestrale istinto di maternità o di perpetuazione del proprio io.
I figli dovrebbero essere il frutto di un progetto di vita, fatto della stima e del reciproco sostegno di due individui.

Voglio convincermi che si tratti di una questione genetica, ma un figlio sentirà sempre l'assenza della controparte genitoriale che gli è stata negata, a prescindere dalla felicità e dalla quantità di amore e cure che gli si potrà donare.

E questo lo farà sentire, nel fondo del suo cuore, sempre un po' incompleto.

Se avete amore da dare, adottate un cane, possibilmente da un canile.

 

giovedì 21 marzo 2013

L'Onore e il Rispetto


Qualcuno mi aggredirà per quello che sto per dire, ma è quello che penso.
Premetto anche che in generale sostengo gli operatori delle Forze del'Ordine e delle Forze Armate, probabilmente perchè non ho ci ho mai avuto direttamente a che fare. A mio modo di vedere fanno un lavoro nobile ma bistrattato e sottopagato. 

La riflessione parte da un articolo che ho letto qualche giorno fa:

Se 2 pescatori italiani fossero stati uccisi da dei militari stranieri in missione di scorta ad un mercantile straniero di poco a largo dalle coste italiane, a quest'ora staremmo chiedendo la pelle degli accusati.

Episodio analogo accadde il 3/2/1998, quando due americani a bordo di un aereo militare tranciarono il cavo di una funivia in Trentino causando la morte di 20 persone, rimanendo peraltro di fatto impuniti (vedi http://it.wikipedia.org/wiki/Strage_del_Cermis).

Voglio ricordare che, al di là della giurisdizione e delle consegne militari, gli accusati AVREBBERO ammazzato due poveri innocenti, mentre facevano la scorta armata ad una petroliera a largo di un paese con cui NON SIAMO IN GUERRA. Non mi è chiaro perchè dei militari, pagati con soldi pubblici, debbano essere imbarcati su un mercantile di una ditta privata per fargli da scorta. Ci saranno interessi superiori, credo...

La colpa non è del Governo indiano che vorrebbe dare giustizia alle famiglie dei superstiti secondo le proprie leggi, ma di quello italiano che non è capace di far rispettare le convenzioni internazionali ma solo di farsi pisciare in testa.



E nemmeno possiamo criticare i tempi della magistratura indiana, visti quelli della nostra.


Il puerile tentativo di trattenere i marò in Italia, violando un permesso "concesso" sulla fiducia e sulla parola data (che per un militare dovrebbe contare ancora qualcosa) ha solo peggiorato la situazione.

Spero solo per loro che 'sta tarantella finisca presto e che ricevano un processo giusto, a prescindere da chi dovrà giudicare, senza che rischino la pena di morte...

martedì 5 marzo 2013

L'Anno che Verrà...

Strana cosa l'amicizia.
Definire il sentimento dell'amicizia è difficile come definire quello dell'amore. O, con maggior probabilità, si tratta di livelli differenti di un unico sentimento universale.
Mi chiedo spesso se sono un buon amico, cercando di trovare in me quelle virtù che apprezzo negli altri.
Ma non so darmi delle risposte.
È un po' come quando, ad un colloquio di lavoro, ti chiedono quali sono i tuoi pregi. Sinceramente pensiamo di noi stessi cose molto positive ma, allo stesso tempo una vocina ci sussurra in testa “Ne sei proprio sicuro?“
Un buon amico è qualcuno su cui poi contare.
Qualcuno disposto a condividere con te momenti belli e difficoltà.
Qualcuno la cui presenza arricchisce la tua vita.
Eppure...
È forse meno amico colui che ti mette da parte per pensare alla propria famiglia?
Colui che senti una volta l'anno ed è come se l'avessi visto ieri?
Qualcuno che proprio quando hai bisogno non c'è...?
Non lo so.
So solo che mi ritrovo tanto nella prima quanto nella seconda categoria.
Ho un amico che conosco da che eravamo in braccio alle nostre mamme. Nel bene e nel male, abbiamo percorso insieme quasi tutti i momenti più importanti delle nostre vite.
Siamo stati reciprocamente testimoni di innamoramenti folli e di delusioni cocenti, di feste di laurea e di funerali di genitori, di grandi entusiasmi e di depressioni mortali.
Tuttavia, in tutti questi anni abbiamo avuto anche delle terribili divergenze.
La donna di cui era innamorato lui era interessata a me. Anche a me piaceva lei e gliene parlai con sincerità. Apriti cielo, non l'avessi mai fatto. Da quel giorno iniziò contro di me un'ostilità senza quartiere, fatta di colpi bassi e coltellate alle spalle.
A quello schifo reagii allontanandomi, perché convinto di non meritare tutta la merda che mi tirava addosso.
Tuttavia, non potevo fingere di star bene perché, almeno per me, egli è parte della mia vita così come (e forse anche di più) i miei fratelli.
Mi riavvicinai, ma per poco: giusto il tempo di permettergli di ferirmi ancora.
Stavolta però le cose erano diverse.
Avevo finalmente trovato la compagna della mia vita e iniziato a realizzare progetti concreti per il futuro.
Lui ne era geloso, al punto di arrivare a minare il rapporto che con lei avevo creato, con cattiverie e meschinità impossibili da giustificare, neanche conoscendo il dolore che può averle scatenate.
Mi allontanati di nuovo, cosciente del fatto che per lui non sarei stato più la stessa persona.
Adesso, dopo essere diventato felicemente marito e padre, l'ho cercato ancora.
Forse perché vorrei che la mia esperienza gli fosse da incoraggiamento a sperare di meglio per se stesso.
O forse per cercare in lui quel posto speciale che una volta era mio.
Vivo in un'altra città ma lo seguo attraverso Facebook e di tanto in tanto ci sentiamo al telefono.
Di recente è venuto a trovarmi e abbiamo passato quasi tre giorni insieme.
Nonostante ciò, di questo periodo ha pubblicato sulla sua bacheca soltanto i momenti che ha passato insieme ad un altro amico, un perfetto sconosciuto con cui ha trascorso la "nightlife" a lui tanto congeniale.
Nessuna foto che lo ritraesse con me o mia figlia che, manco a dirlo gli si è affezionata tantissimo.
Ancora oggi, la bimba mi chiedeva "Quando andiamo a prenderlo?".
Lo so, il mio è un atteggiamento infantile e dovrei essere comprensivo.
Ma non riesco a smettere di domandarmi dov'è che sbaglio con lui e perchè non riesco a farmi voler bene.

E soprattutto, perchè non riesco a smettere di volergliene nonostante mi faccia stare così male...



Edit del 6/3/2012

Qualche minuto dopo aver postato quanto sopra mi scrive una persona particolarmente cara, terrorizzata per un incidente appena accaduto ad un suo familiare. Nonostante ci separino 1000km, sono rimasto alla tastiera fino a che si è tranquillizzata un pochino e si è decisa ad andare a letto. Si erano fatte le 3 del mattino.
Dopotutto, se in un momento del genere qualcuno cerca me per avere conforto e consiglio, forse non sono poi così male come amico...

venerdì 30 novembre 2012

Voglio di più...


Sono uno di quegli emigrati che vive in "altitaglia" e che il dilemma "partire/restare" l'ha risolto da 4 anni.
Sentire e vedere le notizie che arrivano da Taranto e soprattutto i commenti di certa gente mi fa salire una carogna che la metà basterebbe.
Il tarantino medio è esattamente così, indolente e allo stesso tempo cialtrone.
Il suo motto è "il mondo incomincia ad un palmo dal culo mio".

A nessuno importa realmente se ci sono 12000 famiglie in mezzo alla strada, l'importante è che l'Ilva, la più grossa ed importante acciaieria d'Europa, chiuda.
Allo stesso tempo, a nessuno importa realmente delle altrettante (forse più) famiglie coinvolte, direttamente o indirettamente da una malattia oncologica. Per assurdo, ci sono dipendenti Ilva che hanno perso familiari, genitori, figli a causa dei tumori e che lottano e sbraitano per rimanere aggrappati alla precarietà di un lavoro che finirà per ucciderli...
Tutti però sono bravi a parlare, a mettere le foto e i video su Facebook, a commentare con sensazionalismo quello che accade adesso soltanto perchè ADESSO ne parlano i TG.
Chi da una parte propone la bonifica dell'Ilva e di tutto il territorio (ca pò m'hanna dìcere cù cce sòlde...), altri che propongono la riqualificazione dell'intera provincia, trasformandola nella Rimini del Sud a suon di discoteche, locali notturni e strutture turistiche.
Senza considerare che così facendo gli imprenditori (solitamente ammanigliati col politico) esproprierebbero alla comunità la parte migliore del territorio, i litorali pubblici, costringendo i cittadini a pagare per andare al mare e facendo schizzare alle stelle il costo della vita.

A Taranto si fa la rivoluzione solo a chiacchere.
Provate a chiedere a qualcuno di questi "progressisti/ambientalisti" un contributo di solidarietà a sostegno delle famiglie degli operai disoccupati.
Una banalità, 50 euro al mese a famiglia. E non mi dite che sono tanti, 50 euro: conosco famiglie che 50 euro li spendono ogni settimana in gioco del lotto / gratta e vinci / scommesse.
La risposta sarebbe scontata, un classico del miglior repertorio tarantino: 

MACEMMENEFUTTAMME'!
L'essenziale è che non si tocchi (per il momento) la loro quotidianità, fatta di aperitivi all'Old Fashion piuttosto che al Lucky Corner, la Fenice o i Giardini. O di mangiate di carne luculliane a Cisternino e Martina Franca.
La Litoranea, il Lungomare e le notti bianche in Città Vecchia per l'estate, à Madònn e le Mistère d'à Sumàna Sande, sempre Forza Taranto, sazizze d'ù paìse e bevimmebirraràffenindecchiù...

A questo proposito però ho fatto un'altra riflessione: non è che tutto "il bello" di Taranto è solo negli occhi dei migranti nostalgici?
Tutte queste tradizioni non sono forse cose che in realtà mancano solo a chi vive lontano?
A me, detto con sincerità, non manca la mia città. In realtà, sento la mancanza delle persone care.
Quel rompiscatole di mio padre. Quel monellaccio di mio nipote. Quelle poche persone che considero veramente Amiche. Fosse per me troverei una collocazione per tutti qui.
E non perchè qui sia il paradiso, intendiamoci.

Quello che manca a Taranto è il senso civico
E nessun amministratore o personaggio politico o sindacato potrà mai farglielo crescere...

Si dice a Napoli "hai voglia a mètte RUMM, nù STRUNZ no pò addiventà BABBA'...
Per questo ho scelto di andare via.
Non per me, ma per le mie figlie... VOGLIO DI PIU'